Avviare un’attività in franchising come qualsiasi altra iniziativa imprenditoriale comporta dei rischi d’impresa. Per questo motivo è importante valutare attentamente le proprie possibilità personali ed effettuare un calcolo dell’investimento richiesto.
Innanzitutto è necessario considerare i costi relativi alla fase di start-up. Alcuni di questi sono già indicati all’interno del contratto di franchising, altri coincidono con quelli che si sostengono generalmente per l’avvio di una qualsiasi attività imprenditoriale.
Non essere in possesso delle opportune coperture finanziarie significa essere destinati al fallimento perciò bisognerà considerare la possibilità di richiedere un finanziamento oppure ricorrere ad altri strumenti che abbiamo analizzato in uno dei precedenti articoli.
Comprendere la vera entità dell’investimento non è semplice dato che molte voci di spesa non sono facilmente individuabili.
In una fase preliminare, è fondamentale farsi fornire dal franchisor tutte le informazioni relative al rapporto di affiliazione e agli standard minimi complessivi da rispettare. Questi standard possono riguardare la localizzazione del punto vendita, l’immagine, le ristrutturazioni, l’arredo, le attrezzature, il marchio, i materiali, gli assortimenti, le iniziative di lancio e di marketing.
In questo articolo, analizzeremo le varie tipologie di costi legate alla fase di apertura di un franchising in modo da quantificare al meglio l’investimento iniziale richiesto.
DIRITTO D’INGRESSO
In un rapporto di franchising, l’affiliato per entrare a far parte della rete deve riconoscere all’azienda madre una fee d’ingresso, ovvero una quota fissa corrisposta una tantum nel momento in cui il contratto viene stipulato.
Questo è dovuto al fatto che il franchisor concede la licenza d’uso del marchio e degli eventuali brevetti, fornisce il suo know-how, l’assistenza tecnica, il diritto di esclusiva e, se previsto, la formazione iniziale.
PROGETTAZIONE E RISTRUTTURAZIONE DEI LOCALI
Un’altra voce da considerare per quantificare l’investimento iniziale è quella relativa ai locali in cui svolgere l’attività.
Vanno infatti calcolate le spese relative ad eventuali buonuscite richieste per posizioni commerciali particolarmente qualificate, alla ristrutturazione e progettazione dei locali, eventuali anticipi sull’affitto o costi per l’intermediazione delle agenzie immobiliari.
SPESE BUROCRATICHE E AMMINISTRATIVE
Un’altra voce da includere riguarda le spese burocratiche o amministrative come l’acquisto di licenze, autorizzazioni e i costi di costituzione. Infatti, l’apertura di una partita Iva come ditta individuale comporta un esborso di denaro differente rispetto alla costituzione di una società.
Inoltre, in questa fase, può sorgere la necessità di doversi affidare ad un consulente per poter svolgere alcuni iter burocratici particolarmente complessi.
TASSE E IMPOSTE
Altra spesa che si somma alle precedenti riguarda il pagamento di imposte e tasse. Ad esempio, l’Iva giustamente non viene considerata tra i costi da sostenere. Il problema è che, pur non rappresentando un costo, incide in modo consistente sugli importi degli investimenti d’avvio, aumentando il fabbisogno finanziario iniziale dell’affiliato.
FIDEJUSSIONI E ALTRE GARANZIE
Infine, è facile dimenticarsi di alcune voci che, come abbiamo visto nel caso dell’Iva, non si traducono direttamente in un esborso di denaro. È il caso delle fidejussioni o altre garanzie reali che possono essere richieste dai fornitori, dai franchisor, da proprietari di immobili etc.
Per avere un quadro complessivo sul fabbisogno finanziario necessario all’avvio di un’attività, non è però sufficiente quantificare solo gli investimenti. Occorre redigere un conto economico previsionale in modo da rapportare i costi d’esercizio ai ricavi attesi, andando a determinare il punto di break even come spieghiamo nel nostro articolo “Break Even Point: cos’è e come si calcola”.